“caffè & matematica” è approdato alle frequenze della rete 1 della radio svizzera di lingua italiana. Per i pochissimi che non ne sono al corrente (qualche tribù di allevatori nomadi della Manciuria e alcuni balenieri del Pacifico, suppongo): la conduttrice ha visto il nostro blog e mi ha invitato a partecipare telefonicamente ad una trasmissione intitolata “povera matematica invecchiata…”.
Lo spunto, volutamente provocatorio, nasceva dall’apparente contrapposizione tra la nuova tecnologia ( ‘il computer’ ), nell’uso della quale i giovani mostrano una grande abilità, e la ‘vecchia’ matematica (tabelline, frazioni e -orrore- logaritmi), davanti alla quale gli stessi giovani incontrano difficoltà e sviluppano avversione. Eppure, come ‘si sa’, è la matematica che sta alla base delo sviluppo di molte innovazioni tecnologiche.
Il discorso è stato volutamente centrato soprattutto sulla didattica e, in generale, sulla ‘matematica a scuola’ – e sarebbe stato un peccato il contrario, visto che gli ospiti principali erano noti e riconosciuti esperti in didattica della matematica.
Per chi non avesse seguito la trasmissione (per esempio perchè stava inseguendo un capodoglio al largo del Giappone), dirò che sono stati toccati tanti temi importanti nella didattica: il problema delle lezioni frontali, l’approccio costruttivista, l’importanza di creare una motivazione nell’allievo, di accrescerne l’autostima e la fiducia nelle proprie capacità quando posto davanti ad un problema di matematica, di vincere la ‘pressione sociale’ esercitata dalle opinioni comuni che descrivono la matematica come difficile, noiosa, inutile, triste, e chi più ne ha più ne metta.
Il tempo radiofonico è particolarmente tiranno – me ne sono ben accorto io stesso – e mi è sembrato che la trasmissione finisse in men che non si dica, senza poter sviluppare adeguatamente alcuni punti che mi sembrano essenziali, e che vorrei quindi accennare in questo post (anche a beneficio dei nostri amici nomadi che ci seguono dalla Manciuria). Spero vivamente che da essi possa nascere un salutare scambio di idee: per questo non rifuggirò dell’usare, all’occasione, una punta di ironia provocatrice.
Uno. La matematica e “il computer”
Torniamo per un momento alla domanda di apertura della trasmissione. Credo che sia importante capire come la matematica sia alla base dell’informatica, per poi capire perchè l’abilità ad usare le tecnologie informatiche possa non implicare una corrispondente abilità nel destreggiarsi con la matematica.
Allora: il modo in cui la matematica sta alla base dell’informatica noi l’abbiamo visto nel post sul sudoku, e anche un po’ in quello sui treni. Sintetizzando, sappiamo che l’idea moderna di computer nasce da un artificio teorico del matematico Alan Turing, il quale immaginò una macchina infaticabile capace di eseguire senza errori delle liste di istruzioni date. Da lì nacque la branca della matematica che studia la complessità dei problemi e delle liste di istruzioni usate per risolverli. E progredendo in questa comprensione si trovano anche sistemi nuovi, più scaltri, per risolvere problemi vecchi. Insomma, possiamo dire che creare programmi nuovi e nuove applicazioni richiede matematica: creatività inventiva abbinata ad un grande rigore formale (perchè una macchina le istruzioni ambigue o scorrette non le sa trattare: mai capitato che il PC ‘si impianta’?). Per esempio: ma quanto è scaltro google per cercare così in fretta e bene la massa sterminata dei dati di cui dispone? (e cosa vuol dire ‘bene’? vi prometto che ne riparleremo).
Il punto è che per utilizzare queste tecnologie non si richiedono le stesse abilità. Per saper cercare un’informazione con un motore di ricerca non è necessario capire gli algoritmi di ricerca che esso usa. Per giocare bene ad un videogioco non serve a nulla conoscere le avanzatissime tecniche di geometria discreta che permettono di raggiungere la definizione grafica a cui oggi ormai siamo abituati.
Servono, semmai, altre abilità. Tra le altre, una grande velocità di reazione alla quantità elevatissima di stimoli che si ricevono. E, naturalmente, l’abitudine a questa rapidissima velocità di cambiamento e di aggiornamento. E il navigare su internet, detto surfare in gergo, abitua ad una scorpacciata di informazioni sempre nuove. Avete provato ad uscire da un’autostrada sulla quale avete guidato a 120 all’ora per 3 ore, e poi continuare il percorso su una cantonale limitata a 50 all’ora? Vi sembra di andare come lumache, vero? Al limite dell’irritazione.
Allo stesso modo il sostare e contemplare in profondità un problema, carpire le sottigliezze di un’idea, rispettare il rigore di un ragionamento rende presto impaziente chi è abituato allo scorrere impetuoso del flusso di informazioni sulla rete telematica. Mi viene da prendere in prestito un’immagine da uno scrittore italiano dei giorni nostri, che faceva notare come un (wind-)surfista ‘aquatico’ non faccia la stessa esperienza di chi fa immersioni, magari in apnea come i cercatori di perle del pacifico. Il surfista vede molti più chilometri quadrati di superficie del mare, ma i colori delle barriere coralline li vede solo sui manifesti dei villaggi turistici.
Intendiamoci: lungi da me denigrare l’utilità del supporto informatico anche per l’attività matematica stessa, di didattica come di ricerca. Volevo solo tentare uno degli approcci possibili alla questione di apertura della trasmissione.
Due. Dove sono le barriere coralline?
Ho visto distintamente il vostro sopracciglio destro inarcarsi in segno di perplessità e dignitosa presa di distanze. È stato quando ho parlato delle perle e dei colori delle barriere coralline. Il vostro sopracciglio si chiede cosa diavolo accomuni le perle e le barriere coralline alle somme di frazioni.
Il punto che vorrei toccare è quello dello stimolo ad avvicinarsi alla matematica, che a livello scolastico è il problema della motivazione a fare matematica di cui si è parlato anche nella trasmissione. Il professore ospite in studio, parlando dell’insegnamento della somma di frazioni, aveva illustrato l’utilità pratica di questo concetto parlando della necessità di saper valutare, in un supermercato o in cucina, quanto latte ho se ne ho 3/4 di litro da una parte e mezzo litro dall’altra. Questo è un buon modo di creare un esempio pratico dove l’allievo veda il funzionamento del metodo: l’apprendimento può risultarne facilitato. Temo però che la ristrettezza dei tempi concessi abbia potuto dar adito ad un fraintendimento di questa affermazione, ovvero il porre l’esempio del latte come principale motivazione dell’apprendimento.
Dire che conviene imparare la matematica per ‘saper fare i conti’ è tanto corretto quanto dire che si impara a leggere per poter capire cosa c’è scritto nella bolletta del telefono.
Cioè: è vero che ti permette anche di fare quello, e ci vuole, ma credo che gli orizzonti che si aprono davanti a chi sa leggere sono infinitamente più ampi delle bollette del telefono, e anche più ampi dei giornali e delle riviste. E chi può dire che poter leggere, per esempio, Leopardi o Pirandello sia meno utile del capire le bollette per (frase molto alla moda) ‘migliorare la nostra qualità di vita’?
Certo, il discorso può sembrare idealistico. Ma se è vero che le tecniche aritmetiche di base ti permettono di ‘saper fare i conti’, è anche vero che ti danno la chiave di accesso alle barriere coralline e alle perle di cui dicevo sopra.
Esempio: lo sapevate che la molecola più comune con 60 atomi di carbonio ha esattamente la forma di un pallone da calcio classico (fatto a pentagoni neri e esagoni bianchi)? E che tale forma si ottiene mozzando gli angoli al corpo che secondo Keplero determinava l’orbita di Venere? E che questo corpo era già studiato nell’accademia di Platone nella Grecia antica? E che, mentre in Europa nel medioevo ci si trastullava ancora con queste ‘antichità’, nel mondo arabo si producevano dei mosaici che hanno la struttura delle pavimentazioni aperiodiche ‘scoperte’ dal grandissimo matematico Sir R. Penrose nel 1973?

Inoltre, tra queste barriere coralline ci sono delle creature che, oltre ad essere curiose e variopinte, contengono idee fondamentali per lo sviluppo delle civiltà e gettano nuova – e imbarazzante – luce sulla natura dell’uomo e del mondo (bum!).
Qui come esempio, e continuando l’analogia letteraria, vorrei tirare in ballo nientemeno che il Paradiso di Dante. Nel 1900 il grande matematico David Hilbert affermò “nessuno potrà più cacciarci dal paradiso che Cantor ha creato”, riferendosi a colui che aveva fondato la teoria degli insiemi tra l’altro per riuscire a ‘mettere ordine’ tra i vari concetti di infinito (ne parleremo senz’altro: troppo bello). E invece per cacciarci da questo ‘paradiso’ sono bastati pochi anni ad un altro tedesco, Kurt Gödel, che nella prima metà del Novecento scoprì, dietro un corallo più contorto degli altri, delle cose talmente esplosive e scomode per il pensiero occidentale che probabilmente pochi di voi ne hanno sentito parlare. (E ora a voi: come la mettiamo con il paradiso di Dante?)
Ecco, forse una maggiore diffusione di questi aspetti della matematica potrebbe aiutare ad alleggerire quella pressione sociale negativa che è stata denunciata anche in principio di trasmissione. E noi speriamo di poter dare, con questo blog, il nostro modesto contributo in tal senso.
Tre. Oltre il tunnel del San Gottardo: tavolette di cioccolato avvelenate!
Concludendo: associare la matematica alle frazioni e ai logaritmi è come associare la Svizzera al traforo autostradale del San Gottardo. Serve all’Europa ed è importante per l’economia svizzera – ma che peccato dimenticare che la Svizzera è fatta anche dalla Streetparade di Zurigo e dagli arcaici canti di Urnäsch, dalle notti cullate dallo scrosciare dei ruscelli e dal Brüttisellerkreuz, dalle meringhe alla panna doppia della Gruyère e dallo ‘Zincarlin’ della valle di Muggio, dalle case di sasso di Corippo e dal museo Klee a Berna, dal mercato delle cipolle e dai venditori di kebab.
Vorrei quindi concludere uscendo da questo tunnel, perchè i polpastrelli delle (poche) dita che uso per scrivere stanno assumendo una forma quadrata drammaticamente simile ai tasti del PC, e fermandomi alla ‘Konditorei Hans Rieser’, famosa pasticceria di Göschenen, per ristorarmi con una buona, sana cioccolata svizzera.
E mi viene in mente che, anche a sostegno di quello che ho scritto in questo post, nel prossimo vi potrei mostrare come, attraverso un gioco che si fa con una tavoletta di cioccolata avvelenata, la matematica riesce a parlare di ciò che non conosce (in barba al buon vecchio Ludovico).
Ho letto con super interesse quanto scritto, e direi che oltre ad uscire dal tunnel del San Gottardo della matematica e correre ad ammirare i pesci in fondo al mare vien voglia anche di conoscere meglio la Svizzera!
Cavoli, complimenti!
Ma quanti colori ha questo mondo? Cavolacci. Ho appena rischiato di farmi investire da un tram di Zurigo perché mi ero imbambolato a guardare un falchetto svolazzare sopra il quartiere Neue Orlikon. Chissa quanta matematica nelle sue ali!!
Allora, quando ci proponi il gioco che si fa con una tavoletta di cioccolata avvelenata?