Giovanni

In questi giorni, durante il mio girovagare per la città con tram e bus, ho sentito un gran silenzio.

Poi Giovanni – nel documentario che lo ritrae – mi ha detto che ogni persona emette una sua nota, la si può sentire. E la vita, l’amore, è la musica prodotta da queste note, uno splendido arrangiamento.

Mi piace.

Tema 02: I misteri del Sudoku

Nicc: sono malato, da un paio di giorni faccio spola fra divano, poltrona e letto. A leggere qualche cosa di intelligente faccio fatica e dopo il quinto DVD inizio ad avere gli occhi che bruciano. E allora decido, caro Ema, di buttar giù quel muro di pregiudizi che ho nei confronti dei “giochini scemi” (così li chiamo io) e di provare ad affrontare un SUDOKU! Eh sì, ci sono cascato anche io. Mi sono appassionato (speriamo che questa malattia non duri molto) al gioco del 9×9. 9 caselle, 9 quatrati, numeri dall’1 al 9… Dopo un po’ che giocavo, provando ogni volta a risolvere uno schema di maggiore difficoltà, mi son chiesto: come fa un matematico a sapere quanti numeri al minimo ci devono essere in uno schema vergine (meno numeri ci sono più difficile è il gioco) per far sì che sia ancora risolvibile? E ancora, benché sia un computer che sputi uno dopo l’altro questi schemini, come la matematica ci può aiutare a capire che cosa sta dietro al fantomatico Sudoku e perché piglia tanto?

Ema: Caro Nico, il mio PC è appoggiato su un tavolino della stazione di Zurigo, e alla sua destra, proprio a portata di mano, c’è una tazza di caffè fumante… quale momento migliore per scrivere sulla nostra nuova sezione del blog??

Allora, il sudoku.
La prima volta che ne ho visto uno ho effettivamente cominciato a risolverlo, ma poi ho perso la pazienza quasi subito: una volta che sai le regole e quei due-tre trucchetti, tipo scrivere in piccolo le cifre che ‘potrebbero’ andare in un quadratino, poi il resto diventava piuttosto ripetitivo, sostanzialmente un “esamina tutte le possibilità”, e siccome non ne vedevo la fine, mi ero chiesto: ma siamo sicuri che ‘sto coso ha una soluzione? C’è un modo (che non ti obblighi a farlo tutto) per sapere se un dato sudoku ha una soluzione? Quanti numeri bisogna dare al minimo perchè il sudoku sia fattibile?

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Nicc: A scuola non ero una cima in geometria. Una cosa che mi ricordo era però il prof. Mosmann che ripeteva ogni 2 per 3: “la somma degli angoli di un triangolo è sempre di 180 gradi!”. Chiacchierando con te, mi ha affascinato il modo in cui tu, in quanto matematico (ma sicuramente anche in quanto Emanuele “Delüch” Delucchi), hai la capacità di vedere le cose che non ci sono. Insomma, mi è quasi parso di capire che grazie alla matematica l’uomo sia riuscito nella storia a vedere più in là del suo naso. E allora mi chiedo, secondo la matematica la somma degli angoli di un triangolo può essere diversa da 180 gradi?

Ema: Allora, cercherò di glissare elegantemente su cosa possono essere le “cose che non ci sono”, e colgo al balzo la palla che mi hai lanciato parlando della somma degli angoli di un triangolo. In effetti c’è una storia curiosa legata proprio a questo tema che getta una luce su un modo tipico di procedere della matematica (si, la matematica “procede” e si evolve!).Dunque: un lontano antenato del tuo prof. Mosmann probabilmente insegnava matematica in un qualche principato germanico alla fine del ‘700, e aveva nella sua classe un bambino di nome Carl Friedrich Gauss. Visto che detto così sembra il nome di un dobermann particolarmente aggressivo, lo chiameremo d’ora innanzi come probabilmente lo chiamavano i suoi amichetti: Carletto. Ora, anche Carletto aveva imparato questa storia che mettendo uno accanto all’altro gli angoli interni di un triangolo si ottiene la metà di un giro completo (che per convenzione viene diviso in 360 parti uguali).

Poi, diversi anni dopo, lui lavorava per il principe, e il principe gli aveva chiesto di misurare le terre del suo principato. Lui pensò di fare come gli antichi egizi (che usavano la geo-metria appropriatamente come sistema per (ri)misurare e (ri)distribuire il terreno dopo ogni inondazione del Nilo) e suddividere il terreno in triangoli per poi sommare le aree risultanti.

Solo che gli egizi avevano il deserto accanto al Nilo, mentre lui aveva le colline della Germania – e si era accorto che collegando tre punti su una collina per la via più breve (=”tracciando i tre segmenti”) e misurando gli angoli, trovava una somma MAGGIORE di 180 gradi!!

Il triangolo sfericoSe ci pensate non è sbalorditivo: pensiamo un triangolo sulla terra, con un vertice al polo Nord e due vertici sull’equatore, diciamo a Giacarta e Belem. I due “lati” che si toccano al polo Nord seguono due meridiani, mentre il lato che congiunge le due città sull’equatore segue appunto l’equatore. Quindi i due angoli alle città sull’equatore sono ciascuno di 90 gradi, e già la loro somma da 180 gradi – figuriamoci ad aggiungere il terzo angolo (che sarà quel che sarà, ma sicuramente non nullo): il risultato sarà certamente maggiore di 180 gradi!

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Schwarzenburg, 20 settembre 2006
Chi ha fatto il militare lo sa: le giornate in grigio-verde sono spesso contraddistinte da lunghe attese. Un libro, il cruciverba (oggi il Sudoku), una pallina di gomma che rimbalza un po’ ovunque, chiunque cerca di rendere queste attese se non utili, almeno gradevoli. In questi giorni a farmi compagnia, che fosse seduti nel camion in attesa che si partisse o appollaiati sotto a un albero in attesa della cena, c’era Emanuele Delucchi, per gli amici “delüch”. Lui è un matematico. Benchè lo conosca da parecchio tempo credo di non aver mai avuto l’occasione, prima di oggi, di porgli alcune domande riguardo alla matematica. Che cosa è la matematica? Cosa sta dietro alla “risoluzione dei problemi”? Cosa spinge a cercare di sviluppare teorie da assiomi sempre nuovi? (tra l’altro: cos’è un assioma?) E ancora, perchè lo stesso oggetto visto da un matematico, da un fisico, da un ingegnere e da me sono quattro cose diverse?
Dopo tanto chiacchierare provo a chiede a Emanuele se ha voglia di scrivere qualche cosa sul blog. Vorrei provare a porgli delle semplici domande, a fare una non-intervista, che duri nel tempo. Una sorta di chiacchierata senza spazio ne tempo (esistono lo spazio e il tempo?) che possa permettere a me e a chi avrà voglia di leggere di tanto in tanto questa nuova sezione del blog di scoprire un mondo assolutamente creativo e fantastico: la matematica.

Grazie a Emanuele che scrive e grazie ai grandi della matematica che – come credo scopriremo meglio leggendo il blog – hanno permesso agli uomini di vedere il mondo con occhi diversi, di vedere oltre a ciò che conosciamo.

11 settembre 2006

11 settembre 2001.

Se almeno sapessi il nome di quella marcia funebre. Scoppiai a piangere come un bambino quando la banda militare si mise a suonare.
Quel giorno, come oggi, stavo prestando servizio militare, era la mia scuola reclute. Avevo appena perso un amico. Viste le circostanze potrei dire di averlo perso “sul campo”, su un’autostrada, a quell’ampia curva che sta fra l’uscita Lyss-Süd e Lyss-Nord dell’autostrada A6.

In questi grigi giorni mi tornano spesso alla mente quei momenti di 5 anni fa. No, non quelli dell’incidente, degli interrogatori della polizia, del cappellano militare che ci da la notizia alla quale non volevo credere, di quella prima notte in camerata con quel letto vuoto, della rabbia e dell’amore che in quell’evento ha legato tutti noi 13 del gruppo rimasti a soffrire. Mi tornano alla mente i momenti più intimi e devastanti, silenziosi che precedettero il funerale in pompa magna. L’ultimo saluto a quella vita che se ne andò presto, a quella vita che mi lasciò giusto il tempo di farsi conoscere e che poi ci lasciò qui soli, dopo 3 mesi passati a mangiare nello stesso piatto e ad arrabbiarci per gli stessi ordini senza senso, a ridere per le stesse battute infilate fra un “attenti” e il successivo riposo. Arriva quando meno te l’aspetti, la morte. E l’impressione è che non si sia mai approfittato abbastanza della vita.

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Salam Alaikum!

Pochi minuti fa ero per i vicoli che mi riportano a casa dalla cineteca. Non direi triste, ero annoiato più che altro. Tediato da una tesi che mi obbliga un poco al paraocchi sul mondo. Comunque, ero per i viottoli e il caldo pesava sulla mia leggera noia. Passo davanti “ai pachistani” (qui a Bologna vengono definiti così i negozietti con generi alimentari di prima necessità aperti giorno e notte solitamente gestiti da pachistani, iraniani, giordani, siriani, egiziani… e forse c’è qualche uzbeko sposato con donna di origine turkmena), vedo uno splendido frigorifero ordinatamente riempito con bevande zuccherate che fanno male alle ossa, decido di entrare, apro la “scatola della frescura”, estraggo una lattina contenente acqua sporca all’aroma di tè sintetico e vado alla cassa. Vi trovo due sorridenti donne con velo attorno al capo che mi danno il benvenuto e mi dicono che sono 70 ct..
Ho imparato poco meno di un mese fa alcune parole di arabo. Mi ha affascinato. Quindi, pago e – una volta ricevuto il resto – dico:
– “Shukran!” –
Loro scoppiano a ridere.
– “Afuan!” – mi rispondono sorridendo.
Esco con un ghigno stampato sul viso. Racconto subito questo aneddoto alla mia manu, che era con me quando ho imparato le mie prime parole di arabo.
Ed ora sono felice.
Inshallah, se Dio vuole, prima o poi lo imparo bene.

L’arabo su Wikipedia.org

Zurigo vs. Cairo

Zurigo, Svizzera

Tre giorni fa contrattavo il prezzo per il taxi che mi avrebbe portato per le intricate e caotiche vide del centro del Cairo con un autista che di inglese sapeva solo “ok”. In macchina, sul cruscotto, era stesa una moquette rosa e sopra appoggiati con un ordine tutto loro alcuni amuleti, un neon a forma di cuore iper-kitch e il corano. Per arrivare a destinazione, nel brulicante e chiassoso downtown della capitale egiziana, gli ho dovuto mostrare la cartina e fare segno, perchè stava sbagliando strada…

Oggi sono uscito dall’appartamento zurighese del mio amico Ponz, che mi ha ospitato per la notte, ho fatto quattro passi nel verde cittadino ascoltando gli la pioggerella fine sulle foglie e poi, sempre nel bel mezzo del boschetto pultio, ho perso un’ascensore che mi ha portato sotto terra, dove passa il tram. Una moderna stazione sotterranea, essenziale: quattro insegne molto chiare grazie alle quali è impossibile perdersi, una panchina squadrata, il distributore automatico di biglietti, la piantina della città con la rete dei mezzi pubblici di trasporto e una musica leggera di sottofondo, a rompere il silenzio dei presenti.

Mi piace qui così come mi piace al Cairo. Oggi forse però un po’ ho malinconia di quel tassista, di quel sorriso sdentato, di quel suo indicarci, ad un certo punto del tragitto, un distributore di benzina, chiedendoci se volevamo pagargli il pieno…

Cannabis

Ogni tanto mi chiedo se per davvero il mondo non abbia preso a girare al rovescio.

Ieri ero sul treno che mi ha riportato a casa. Tutti sanno, soprattutto chi ne fa uso, che portare sostanze stupefacenti illegali da una parte all’altra di un confine di Stato non è cosa da farsi. Se il doganiere di turno te la becca addosso sei nella merda.

Da anni passo il confine Italia-Svizzera più spesso di quanto mi cambi i calzini e di perquisizioni da parte dei doganieri ne ho viste molte. Non mi era mai capitato però di essere seduto a fianco di qualcuno che veniva colto con i suoi bei 5 grammi di “fumo” in tasca. A questo punto, mi direte voi, ci saranno stati i doganieri brutti tutti imbronciati e cattivi cattivi e il consumatore giulivo di sostanze della felicità tutto nella cacca impaurito da ciò che poteva succedergli. È così che uno pensa funzioni, no?

Cannabis, by DtMF-KingEbbene, il mondo credo proprio giri al contrario. Ciò che ho visto si può riassumere più o meno così: due doganieri Svizzeri, incuriositi dalla carta d’identità ridotta a carta da gabinetto di un viaggiatore italiano, lo perquisiscono e gli scoprono senza difficoltà 5 grammi di roba buona. Lui che dice che è per uso personale. I doganieri che gli dicono che è comunque illegale ma che non succede nulla di grave. Lui si lamenta perché già oggi l’hanno fermato due volte i poliziotti Italiani e che “è stufo”. Poi, continua: “però i poliziotti italiani non me l’hanno trovata!”. Intanto i doganieri si informano sulle generalità dell’uomo e gentilmente gli dicono che deve comunque scendere brevemente a Lugano per fare un piccolo rapporto e per il sequestro dei 5 grammi. Lui si arrabbia perché sta andando a Zurigo e dice che non ha voglia di scendere. Allora, i doganieri lo tranquillizzano dicendogli che comunque potrà prendere il treno dell’ora dopo, che la faccenda durerà solo qualche minuti. E lui si arrabbia, perché non “ha voglia di scendere”… insomma, il discorso prosegue così, con i doganieri nella parte di quelli gentili e il garulo giovane facente utilizzo di belle sostanze indignato. Ma non dovevano essere i doganieri quei tipi brutti tutti cattivi con le manette e il ragazzo che si fuma i “pini” il povero ragazzino indifeso? Il mondo è bello quando gira un poco al contrario…
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