Parigi. Beirut. Kabul. In questi giorni le vedo da qui, da casa mia a Lugano; in un passato recente le ho vissute per le loro strade, in bar, caffè, in sale concerti e ristoranti. La Maroquienerie di Parigi come il Bataclan, il quartiere armeno di Beirut come quello sciita, il ristorante libanese di Kabul che ora non c’è più. Luoghi dove ho conosciuto persone. Alcune di esse non ci sono più. L’ultimo, a Parigi, è Thomas, il ragazzo che aveva accolto i Peter Kernel per un concerto di qualche mese fa che avevo accompagnato.

Il mondo che ho conosciuto io, quello di cui credo facciamo tutti parte, non è come lo descrive chi fomenta l’odio. Faccio parte di questo mondo, non è una cosa lontana, che non mi riguarda, per la quale non ho legami, responsabilità, diritti e doveri. Ce lo dicono i morti, quelle vittime accomunate dal loro essersi trovate nel luogo sbagliato in quel momento sbagliato, quel breve istante in cui la deflagrazione li ha resi tutti testimoni di questo unico mondo. Drone, cintura esplosiva, auto imbottita, AK47 o granata, poco cambia: ciò che resta sono cenere e sangue. Cenere e sangue a dirci che il mondo non è in equilibrio da troppo tempo. E che noi dobbiamo smettere di usare violenza se vogliamo essere liberi. Violenza del terrore, violenza verbale, violenza economica, violenza della paura, violenza politica, violenza geopolitica, violenza delle materie prime, violenza della chiusura, violenza dell’attentato, violenza dei bombardamenti preventivi… sono una trappola. Ci rendono persone meno libere. Possiamo condannare la violenza se non la ammettiamo, quella di chi si fa esplodere e quella di chi chiede che qualcuno si faccia esplodere, quella di chi alza un muro e quella di chi permette che un muro venga alzato. Abbiamo un equilibrio perduto da più di un secolo da riconquistare, lo possiamo fare se rinunciando alla paura di perdere i nostri privilegi costruiti su questo squilibrio ci apriamo a conoscenza e cultura, se ci affidiamo a ciò che ci differenzia e ciò che ci accomuna, se ammettiamo termini quali diversità, pluralità e identità per chiunque. E lo dice bene Sabika Shah Povia in questo articolo.

Kabul, Afghanistan
Kabul, Afghanistan, 2013
Beirut, Lebanon, 2014
Beirut, Lebanon, 2014

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