The Mall

Scrivo dalla parte “storica” di Sacramento, California, nata con la corsa all’oro e cresciuta con la ferrovia transcontinentale aperta nel 1865. Da qui un canale navigabile arrivava alla baia di San Francisco e, quindi, all’oceano Pacifico. Sacramento ha due “Mall” paralleli.

C’è il Capitol Mall, ovvero il vialone che dalla città vecchia porta al parlamento dello stato della California, e, parallelo ad esso, uno Shopping mall – uno di quei centri commerciali che vorrebbero riprodurre una finta strada con negozi e ristoranti.   Molto altro, oltre alla città vecchia kitsch, non c’è. Così, ieri sera per mangiare un boccone sono stato obbligato a far capo ai dintorni del “mall”. E lì, per fortuna,  ho incontrato Arvo e Richard.

carillon

Non sono i veri nomi – perchè quelli non li so. Comunque al centro del mall c’era un parco giochi per bambini. E tra i vari giocattoli una serie di 8 tubi metallici sospesi, intonati su una scala musicale. Devo dire, a onor del vero, che erano proprio piuttosto intonati – spesso questi “giocattoli musicali” sono una disperazione per l’orecchio. Ho provato a suonare qualche nota – non so perchè sul momento mi è venuto di suonare l’inizio del motivo del concierto de aranjuez.

Sentendomi, un bambino si avvicina – diciamo sui due-tre anni. Lo chiameremo Arvo. Mostrando una spiccata sensibilità nella ricerca della purezza melodica che si snoda dal gregoriano fino ad alcuni compositori contemporanei, Arvo con il ditino tocca un re e un fa e poi mi sorride beato. Fa appena in tempo a ricadere sul pannolino (spero vuoto) che arriva un altro bambino, chiamiamolo Richard, il quale attraverso una serie di clusters da’ prova di un’indole più incline ad esprimere un’energia di stampo Wagneriano (diciamolo: prende a calci il gioco).

Arvo piange, la mamma di Arvo arriva, e lui si sfoga. Alla fine, tirando su con il naso, Arvo si fa rimettere a terra, cammina fino al gioco senza cadere, e con il ditino tocca un la. Poi se ne va, facendo la linguaccia a Richard che stava già facendo altro.

Ora, se considerate che da bambino mi veniva la nausea anche solo ad andare al Serfontana potete capire come mi senta in questi mall americani – e che tristezza provi nel vedere come  molti qui, per necessità o abitudine, vi passino le giornate. Giovani seduti sulle panchine finte davanti alle piante finte che si mandano sms a 100 metri di distanza, famiglie che ci vanno “in gita” (!) …

mall

In questi posti ho sempre una grande, profonda sensazione di “falso”, di “contraffazione” – di vero, fuori, comunque c’è sempre lo stesso, grigio parcheggio.

Grazie al sorriso di Arvo e ai cluster di Richard, quel muro di gomma per un momento è stato squarciato da un lampo di emozioni vere, totali, estreme come solo quelle dei bambini sanno essere. Ci voleva.

P.S. Surrogati commerciali di vita con disgustose facciate di finto gesso stanno nascendo anche in Ticino, pubblicizzati proprio anche dal “mito americano” (l’anno scorso vidi anche che vi si celebrava il 4 luglio). Ma siamo proprio sicuri che è questo che vogliamo importare dagli Stati Uniti? E, se si, perchè?

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