Trecentosessantacinque giorni
Trecentosessantacinque giorni. Ci si impiega un po’ a leggerli ma passano in fretta. È incredibile cosa può accadere in un viaggio lungo trecentosessantacinque giorni. Un
Pensieri in forma scritta.
Trecentosessantacinque giorni. Ci si impiega un po’ a leggerli ma passano in fretta. È incredibile cosa può accadere in un viaggio lungo trecentosessantacinque giorni. Un
26.09.2004: la maggioranza popolare boccia in votazione l’iniziativa volta alla naturalizzazione agevolata per gli stranieri nati in Svizzera. Una votazione molto discussa che trovava le
Afghanistan, 17 novembre 2013. Sono tornato da Kabul da poche ore. Leggo dell’ennesimo attentato suicida di qualche ora fa. Immagino il boato di quell’esplosione: a qualche chilometro di distanza somiglia al tuono di un temporale in avvicinamento. Il grigio di un cupo temporale che ogni sera l’Afghanistan vive da più di trent’anni. Eppure, ogni mattina pare splendere un nuovo sole.
Tante novità paranoike per l’autunno 2013…
Un anno fa, ora, tanti amici e curiosi erano già incolonnati fuori dalla Sala per la prima assoluta di Tutti Giù al Festival del Film di Locarno. Non avevo pensieri ben precisi, il mio neurone era una pallina da ping pong.
Ti alzi dopo una delle notti più silenziose di tutte quelle vissute qui a Kabul. Il pensiero e le chiacchiere fra di noi, davanti a una splendida insalata di frutta, è in costante ping pong, sballottato fra il volersi ripetere quanto è bello questo posto, quanto concreto ciò che il CICR fa, e l’attacco di ieri a un luogo identico a quello dove ci troviamo ora, a quella guardia, vittima dell’attacco di ieri a Jalalabad e agli altri collaboratori che hanno vissuto un paio d’ore molto dure. E che ora sono accompagnate.
Un breve discorso di Patti Smith ai giovani.
Un ospedale, se lo guardi da lontano noti che è un crocevia, è una piazza, una città nella città, è il surrogato di vita e – è il caso di dirlo – di morte, è un cuore pulsante…
Kabul, 4 marzo 2013. È mezzanotte da poco, qui. A casa no, è ancora ieri. Fuori non sento più gli elicotteri, neppure il traffico. E il riverbero del muezzin è scomparso, silenzio. Sì, quella Kabul dei giornali, nel cuore dell’Afganistan. Per un documentario.
Oibò, più volte è stato scritto che il cinema è l’arte che più si avvicina ai sogni, e perché no anche agli incubi, che facciamo
Sento bussare alla porta dell’Atelier su viale Cassarate, a Lugano. È una giornata uggiosa, una di quelle in cui la luce che filtra fra le
È il 25 agosto duemiladodici. La sveglia ha suonato alle 5.45, fuori la luna era già scomparsa, albeggiava lontano lontano. L’aereo che mi ha portato