QUASI PADRE, (ANCORA) SENZA CONGEDO PATERNITÀ

Si al congedo paternità

Sto per diventare padre. Mi guardo indietro e penso a quando bimbo ero io. Poco meno di 40 anni fa la “normalità” era ben diversa: i padri andavano e venivano dal lavoro ritagliandosi momenti per figli e compagna durante i pasti e nel fine di settimana. Oggi il paradigma (finalmente!) è cambiato. Guardo attorno a me per cercare ispirazione e vedo sempre più coppie che hanno cercato altre strade per vivere e crescere una famiglia. Molte più donne lavorano.
Sempre di più si abbandona il concetto di coppia genitoriale in cui il padre è l’uomo autoritario utile tuttalpiù a portare a casa il salario, a far rispettare le regole in casa e a guidare l’auto in vacanza in favore di coppie nelle quali l’amore e il tempo dedicato ai figli arriva da chiunque sia chiamato a crescerli (perché non è detto, ma questa è un’altra storia, che genitori siano sempre e solo la mamma e il papà che li hanno concepiti).

Purtroppo però quasi sempre questo concetto di famiglia è possibile unicamente grazie al sacrificio dei genitori stessi che devono giostrarsi fra congedi non pagati, vacanze prese per poter essere di supporto nei momenti più importanti (la nascita del figlio, le prime settimane di vita, l’inserimento al nido), riduzioni di tempo di lavoro (quando concessi) e aiuti finanziari da nonni e parenti. Ogni tanto fortunatamente questo cambiamento è concesso, dai datori di lavoro, che spinti forse dall’esperienza personale forse dall’attrattività che queste misure esercitano nel mercato del lavoro, vengono incontro ai loro dipendenti. Ma la regola generale non è questa e chi mette al mondo un figlio lo fa consapevole che lo Stato, ovvero noi, ci siamo concessi ben poco per compiere questo viaggio chiamato famiglia.

Sto per diventare padre. Penso a chi nasce oggi e fra 30 anni vorrà mettere al mondo una/un figlia/o: spero che potrà contare su una società che ha messo al centro la vita, spero che potrà guardare al 2020 come un anno in cui si è fatto un passo deciso in avanti istituendo nella legge il concetto di padre che può adempiere meglio al ruolo con tempo e mezzi anche grazie al congedo paternità.

Non potrò godere di questo congedo io, spero lo potrà fare chi diventerà padre dopo di me.

ps: se da decenni le aziende sono abituate a lasciare andare i loro dipendenti al corso di ripetizione 2-3 settimane all’anno, veramente dobbiamo credere che sarà un disastro per l’economia se per un paio di settimane (solo, sic!) permettiamo ai neo papà di cambiare qualche pannolino e fare assieme alle/ai loro compagne/i quello che tutti definiscono il mestiere più importante della vita?

Si al congedo paternità

Si vota il 27 settembre 2020.

© N. Castelli, Paranoiko pictures – 2017

Monte Ceneri 4.9.2020

Sento quotidianamente discorsi provinciali di chiusura fisica e mentale qui in Ticino e ciò che più mi preoccupa è che questi si sono trasformati in azione politica. Verso nord e verso sud.

Secondo alcuni, oltr’Alpe non ci capiscono e se ne fregano dei nostri problemi, da meridione vogliono solo rubarci il lavoro e portare criminalità. Facciamo gli sceriffi del far west e difendiamo il nostro territorio con speroni e pistola: la legge sono io. Poi viene inaugurato il tunnel del Monte Ceneri, di cui primi fra tutti godremo noi, in Ticino, e fatichiamo a ricordare che se oggi AlpTranist è una realtà lo dobbiamo un po’ a noi, certo, ma anche e soprattutto a Berna e a chi nel canton Jura, a Sciaffusa o Glarona, a partire dal 1994 ha più volte votato a favore di un’idea visionaria e del suo finanziamento senza trarre particolari vantaggi personali da tale decisione. Il traforo, poi, lo dobbiamo soprattutto a chi l’ha scavato: principalmente minatori italiani da Sicilia e Valtellina.

Voglio ricordarmelo oggi, quando nei media e sui social i bravi siamo stati noi, i ticinesi. Mi auguro che questa inaugurazione sia d’auspicio per una visione aperta verso nord e sud, per un’apertura che ci permetta di sfruttare ogni vantaggio umano, ambientale, sociale ed economico che il traforo del Monte Ceneri e di tutto il sistema AlpTransit portano con sé.

Queste foto le ho scattate con Riccardo, un minatore che nel 2015 ebbi il privilegio di poter seguire durante i lavori di scavo assieme al fonico Carlo Moretti.

Qui il post su di lui il giorno della caduta del diaframma nel 2016 → Riccardo

Qui sotto invece un omaggio al San Gottardo e al rapporto che abbiamo con questo massiccio, da sud a nord, che ho realizzato nel 2016 partendo unicamente da immagini d’archivio in occasione dell’inaugurazione del traforo del San Gottardo appunto. Scritto con Alessandro De Bon. → maggiori dettagli

© N. Castelli, Paranoiko pictures – 2017

Comincia da qui

01.03.2020 – Non avrei mai pensato di avere un giorno “un santino”. E invece eccolo. Ho deciso di mettermi a disposizione nella lista dei Verdi per il Consiglio Comunale della mia città, Lugano.

È l‘ora di partecipare al discorso politico e civile della città in cui sono cresciuto e che più volte ho cercato di raccontare nei miei lavori. Una città dall‘enorme potenziale poco sfruttato.

Cultura, ambiente e socialità. Dialogo tra istituzioni e professionisti della cultura indipendente, più spazio a nuovi progetti in ambito artistico a favore di cittadini e turismo, messa in rete di realtà e competenze eccellenti già presenti sul territorio. Riqualifica edilizia ecologica e abitazioni a prezzi accessibili, un centro storico in cui si possa vivere e aree periferiche con più identità e servizi, sviluppo della mobilità lenta in tutto il comune, accesso pubblico al lago e alle vie d’acqua: sono alcuni dei temi sui quali investire con coraggio.

Dobbiamo valorizzare la nostra posizione privilegiata sia in ambito culturale che geografico per essere avanguardia. La crisi della piazza finanziaria ci ha mostrato quanto ora sia importante costruire su basi solide e non sul guadagno facile, per pochi, che consuma territorio e risorse. É stato perso tempo ma ne abbiamo altrettanto perché della crisi si colgano le opportunità per disegnare la città in cui vorremmo vivere. Vedo ciò che si può fare e sono ottimista.

È una sfida e credo che la mia generazione abbia il dovere di fare la sua parte.

“Questa è l’ora” per una città sostenibile, rispettosa dell’essere umano e della natura.

→ chi sono
verditicino.ch

Nel mio blog di tanto in tanto parlo di Lugano. Troverete ciò che scrivo a tal proposito qui: niccolocastelli.ch/lugano/

© N. Castelli, Paranoiko pictures – 2017

Sull’ex deposito ARL di Viganello

27.11.2019 – Una città che ha una visione propone e porta avanti un disegno ben preciso per un quartiere che presto vedrà al suo centro un nuovo campus universitario. Il campus porterà giovani, studenti, ricercatori, amanti della cultura, dell’architettura, del bello, persone che a Lugano potrebbero regalare un valore aggiunto. La maggior parte degli studenti più intraprendenti va là dove oltre all’università v’è un humus nel quale vivere gli anni universitari.

Il vecchio deposito ARL sarebbe stato un luogo ideale in cui sviluppare parte di una visione che avrebbe dato al mondo universitario e alla città stessa questo valore aggiunto: un luogo di scambio simbiotico fra studenti, cittadini e imprese del posto a volto di un quartiere e una città con un piede nel futuro. Ristorazione km0 con prodotti artigianali locali in un paio di bar dove gli studenti vanno a studiare e dove alcuni di loro trovano un lavoro serale per pagarsi gli studi; un club per concerti dove finalmente luganesi e studenti d’altrove si sarebbero potuti incontrare. E poi ancora, si sarebbero potuti rivalorizzare alcuni spazi e ricavarne degli open-space per start-up che vivono di simbiosi con l’USI, una libreria che di certo avrebbe goduto della vicinanza con l’Università, un piccolo cinema per film in lingua originale la cui programmazione è pensata in collaborazione con le facoltà di comunicazione. E son solo le prime idee. Il pubblico ci sarebbe stato, i privati, quelli che son radicati nella geografia locale e propongono un economia nuova e sostenibile, avrebbero trovato terreno fertile. Chi ha paura della concorrenza avrebbe scoperto che grazie alla spinta di luoghi come questi crescono tutti.
Una città con una visione avrebbe trovato in un luogo come l’ex deposito ARL un’opportunità.

Una città che pensa in grande non avrebbe mai permesso la vendita a un privato di uno stabile come quello e del relativo terreno a 100 metri dal nuovo campus, è pura follia, è pensare piccolo, è pensare all’oggi invece che al domani, è guardarsi i piedi mentre si cammina.

ps.: nel frattempo è nata una raccolta firme per il deposito: → potete firmare qui

→ la news (CdT 27.11.2019)

Immagine ripresa da Corriere del Ticino - © CDT/Chiara Zocchetti

© N. Castelli, Paranoiko pictures – 2017

Un voto senza paura

15.10.2019, news delle 12.30. Esseri umani fuggono da guerra e povertà. Massacri per proteggere la propria apparente ricchezza o garantirsi l’accesso a oro nero, materie prime e vie del commercio. Cime che crollano, ghiacciai che perdono 2 cm su 100 in una sola estate, funivie ferme, strade chiuse per frane ad ottobre e trekking “estivi” a capodanno. Traffico insostenibile generato da chi è costretto suo malgrado a un viaggio perenne per una paga più o meno dignitosa e da chi muove senza senso merce su camion semivuoti per poter abbellire l’utile.
Alternative ce ne sono, alcune le stiamo già portando avanti e ci rendono persone più civili e libere. Lo scopro ogni volta che vedo bici elettriche sorpassare le colonne di auto, negli scantinati delle case che contenevano i vecchi tank del gasolio divenuti spazi di gioco. Ogni volta che conosco qualcuno proveniente da un luogo lontano seduto di fronte a me in treno e possiamo dedicarci del tempo perché non dobbiamo avere gli occhi sulla strada.

Ciò che a prima vista pare come un rinuncia si rivela essere una ricchezza. Vorrei non fosse un privilegio per pochi ma una base per tutti. Credo che la nostra libertà sarà garantita solo se ci occuperemo del nostro pianeta e del prossimo, vicino o lontano esso sia. Senza false paure. È l’unica via. E oggi, a pochi giorni dalle elezioni federali, credo si possa contribuire a tutto ciò andando a votare. Si possono votare più giovani, più donne, più pensieri nuovi. Per non vivere in un passato già estinto ma guardare a un progresso sostenibile.

© N. Castelli, Paranoiko pictures – 2017

L’importanza di sapere (ogni tanto) dire NO – parte I

In passato ho sperimentato l’importanza di saper dire di no. Non è sempre facile. Fa paura dir di no: “e se poi ho perso un’occasione?”. Delle volte mi trovavo davanti ad un problema più o meno grande e arrivava l’idea: la prima idea. Pareva la soluzione perfetta, quella che in quattro e quattr’otto – perché non c’ho pensato prima?! – risolveva il problema. La fortuna (o un barlume di saggezza, chi lo sa?) ha voluto che prima di metterla in pratica prendessi del tempo, la lasciassi sedimentare. E così veniva a galla che sovente quella che sembrava essere la trovata geniale si rivelava essere unicamente la più facile. Sicuramente non la migliore. Riflettendoci, confrontandomi con qualcuno, chiedendo consiglio, avrei probabilmente trovato un’altra idea, forse più complessa, difficile, ma migliore. E anche se fossi tornato all’intuizione iniziale sarei stato felice di aver preso in considerazione altre possibilità.

Fra pochi giorni in Svizzera saremo chiamati a votare su alcune iniziative importanti per il nostro futuro, quello delle nostre famiglie, dei nostri figli, nipoti, degli amici di oggi, di quelli di una volta e di quelli futuri. E io dirò NO principalmente a due temi in votazione. Brevemente, mi soffermo sul primo, poi arriverà l’altro.

Al “risanamento del tunnel autostradale del San Gottardo” dirò di NO. No alla proposta di realizzare un secondo tubo. Intendiamoci, a prima vista mi è parsa una soluzione ovvia, la migliore per permettere il risanamento necessario, aumentare la sicurezza stradale di quel traforo che non amo attraversare, snellire il traffico e saldare il legame sociale ed economico fra Ticino e resto della Svizzera. Poi ho cercato di documentarmi, ho provato ad ascoltare e lasciato passare un po’ di tempo. Mi sono convinto che NO, quella che ci viene proposta è solo “la prima soluzione”, non la migliore. Altre sono possibili. Ci si chiede di approvare una decisione affrettata dettata (forse) da altri scopi; una soluzione che avrà effetto contrario rispetto a quel che si prefigge perché inviterà più automobilisti e autotrasportatori a percorrere una strada più snella e succulenta e di conseguenza più inquinata, rumorosa e meno sicura; una soluzione che ridarà vigore al trasporto su gomma nelle trattative nazionali e internazionali attenuando così di molto il potenziale politico, sociale ed economico positivo che il nuovo asse ferroviario AlpTransit porta con sé; una soluzione che sposta l’attenzione dal reale problema a un altro molto meno urgente e per il quale i promotori stessi del progetto hanno recentemente ammesso esistere possibili soluzioni alternative. E si potrebbe aggiungere che forse il problema del traffico in Ticino non è al Gottardo ma in entrata e uscita dagli agglomerati. E si potrebbe aggiungere che investire nel secondo tubo potrebbe togliere fondi ad altre opere più lungimiranti e importanti. E si potrebbe aggiungere che forse il risanamento è l’occasione giusta per proporre nuovi modelli, visioni per tutta la politica dei trasporti di merci e persone. E…

Il futuro è tutto da scoprire. Io credo che vada affrontato con idee e soluzioni nuove, immaginato con la creatività e la tecnologia di domani per un mondo da lasciare ai nostri nipoti di dopodomani. Mi piace la gente che propone “idee utili da divulgare” (TED) e investirei tempo e denaro in idee ora. Pensare a scambi culturali, commerciali, economici e sociali fra il nord e il sud delle Alpi che permettano di ridurre l’impatto sul clima in un territorio già martoriato, accrescendone sicurezza, qualità di vita e sostenibilità: di questo genere di idee necessitiamo. Be’, se non si fosse capito io domenica 28 febbraio dirò NO a soluzioni nate vecchie applicate a problemi del futuro e che, per di più, non sono ancora stati messi veramente a fuoco.

© N. Castelli, Paranoiko pictures – 2017

Perché sbraiti?

Che dite, non si potrebbe fare una bella multazza o che ne so una gogna allegra per tutti coloro che attraverso organi di “stampa”, tribune politiche e relativi profili social, fomentano la cattiveria, il razzismo e la xenofobia? Dico, uno dei compiti della politica dovrebbe essere lavorare per la qualità di vita dei suoi cittadini, per la loro sicurezza e formazione o mi sbaglio? La paura, la zizzania, fomentare rivalità fra etnie e gruppi sociali, aizzare i vicini di casa contro di noi e noi contro di loro, accanirsi su indifesi e proporre lapidazioni mediatiche e mobbing “legalizzato” contro di esse, rendere le giornate dei cittadini più cariche di odio e povere di solidarietà non credo che sia ciò che chiediamo alla politica. È ciò che alcuni onorevoli (che dovrebbe significare “degno d’onore”…) ci propongono giornalmente, finché diviene il pane quotidiano, l’humus con cui ci si ciba a colazione, pranzo e cena finché si ascolta chi urla più forte. E si giustifica ciò che è stato indotto senza che nessuno ne sentisse il bisogno, qualcosa che in principio non era proprio richiesto. Dovremmo tutti sorridere a questa gente, e chiedergli in modo molto pacato “perché sbraiti?”.

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Nota: questo testo spontaneo l’ho postato sul mio profilo Facebook una mattina di maggio. Ho commesso l’errore di leggere e attraversare vari profili social “politici” appena sveglio e questo è il frutto istintivo della colazione che ne è seguita. Non rimaneggio il testo, lo lascio così come il momento me l’ha fatto scrivere…

© N. Castelli, Paranoiko pictures – 2017

Corso Elvezia #2

26.09.2004: la maggioranza popolare boccia in votazione l’iniziativa volta alla naturalizzazione agevolata per gli stranieri nati in Svizzera. Una votazione molto discussa che trovava le cause della sua bocciatura nel passato recente, nel suo presente e che – oggi possiamo dirlo – è stata avvisaglia di un futuro. Il giorno dopo la votazione la mia cinepresa di quel tempo, giovane e ingenua, diversa da come farei ora, era per le strade di Lugano.

Oggi, 10 febbraio 2014, sono passati 10 anni e mi ritrovo sugli stessi pensieri e con le stesse domande. Cerco di capire pancia e testa, la mia e di chi incrocio per la mia strada ogni giorno. Problemi reali risolti in malo modo, diritti di chi lavora, sviluppo economico e stato sociale. Chi siamo, come siamo, da dove nasce il nostro benessere e quale il suo limite. Le grandi aziende internazionali che portano le loro sedi qui, la loro richezza, le idee e il know-how, la cultura di cui approfittiamo tutti. E i salari minimi, i contratti collettivi… Tante domande, la risposta non credo sia quella giusta. La paura, la chiusura, non credo siano mai una risposta giusta.

→ leggi qui per saperne di più sulla votazione del 9 febbraio

Corso Elvezia, 27 settembre 2004, Lugano